Segreti Oscuri 70s

Cercherò di essere breve. Questa storia per me inizia in un punto imprecisato degli anni Ottanta — credo attorno al 1985 — quando, nella programmazione di quella che all’epoca si chiamava Fininvest, mi capitò di visionare una miniserie statunitense dal titolo The Dark Secret of Harvest Home, presentata in Italia col titolo (estremamente fuorviante) di La Casa (scelto come ovvio tanto per attirare l’attenzione attraverso l’omonimia col ben noto film di Sam Raimi).

La pellicola, sviluppata in due parti e appunto proposta in altrettante serate, mi affascinò per la sua portata estremamente evocativa, poetica, e nel contempo per la sua capacità di portare sullo schermo un thriller apparentemente soprannaturale, che in realtà faceva riferimento alla doppia esistenza di una comunità rurale ancora legata a riti pagani e prassi legate al culto della terra e della fertilità.

Una storia molto conturbante e in certi casi impressionante, ma sempre giocata sull’allusione, l’invisibile, l’ignoto che si rivela per minime giustapposizioni e restituisce un quadro inquietante.

Non voglio assolutamente fare (quelli che oggi chiamiamo) spoiler, ma basti dire che, a parte la presenza di un’efficacissima e anziana Bette Davis probabilmente in una delle sue ultime interpretazioni, la storia aveva dei risvolti antropologici e psicologici molto interessanti, che riguardavano la preminenza della figura femminile su quella maschile e la sostanziale conservazione di tale schema anche nel mondo civilizzato.

Per svariati anni mi sono letteralmente dimenticato di questa cosa, ma, come accade, a volte la mente torna a al passato in automatico, e grazie ai numi tutelari della grande rete sono arrivato al libro dal quale fu tratta l’opera televisiva datata circa 1979. Parliamo di Harvest Home, romanzo del 1973 del poco conosciuto scrittore (e attore) statunitense Thomas Tryon. Una rapida ricerca successiva mi ha portato non solo a individuare e leggere il libro in questione, ma addirittura a reperirlo in un’edizione italiana dal titolo La Festa del Raccolto, da me letteralmente divorata in due mezze giornate.

Il romanzo mi scorreva davanti praticamente identico alla versione televisiva — ovvero, l’opposto, era stato portato sullo schermo scena per scena, forse perché confezionato già perfettamente cinematografico di suo — ed era capace di mescolare perfettamente poesia, narrazione, mistero e appunto speculazione filosofica e antropologica sulla radice pagana del rapporto tra uomo e natura. Ve lo consiglio (se riuscite a trovarlo): un vero capolavoro dimenticato, carico di suggestioni sottili e ipnotiche.

Ma, come spesso accade nelle mie ricerche, la cosa non si è fermata lì. Sono infatti venuto a conoscenza di un ulteriore romanzo di Tryon, ovvero della sua opera di debutto pubblicata nel 1971, tale The Other, che stando alle informazioni a disposizione ebbe non solo un grande successo in libreria, ma fu immediatamente trasposto in un omonimo film l’anno successivo.

Il libro è (peraltro da pochissimo) presente anche in una traduzione italiana, ma è possibile visionare anche il film, visto che fu portato anche in Italia col titolo Chi è l’Altro? La vicenda è anche in questo caso ambientata in uno scenario rurale americano, questa volta attorno agli anni Trenta, ed è certamente un tassello fondamentale se pensiamo alla narrativa statunitense “di genere” degli anni Settanta, tra horror psicologico e cinema d’autore. Anche in questo caso, qui non abbiamo nulla di soprannaturale — come nei casi analoghi di autori che si facevano conoscere proprio in quegli anni, come Peter Straub o il più noto Stephen King, oppure altri maestri già più di successo, tra cui Ira Levin — ma una lenta discesa nei meandri della follia, cadenzata dal grande tema del “doppio”, del gemello, del sosia, ovvero della parte oscura che a vario titolo emerge.

Ebbene sì, esiste come detto una versione italiana del film, e la si può visionare interamente. Per chi vuole approfondire è reperibile anche un interessante making of a cura di un estimatore. Una perla oscura dimenticata, certamente da vedere e apprezzare come sintesi di un cinema che riusciva ad essere dolce e acre nel contempo, ovvero capace di travalicare anche i confini della narrativa di genere.

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