Dispacci Creativi: un’Introduzione

Su Netflix, a parte ovviamente la quinta stagione di Stranger Things, sto riguardando un’altra bella serie TV, Messaggi da Elsewhere, che mi lasciò molto soddisfatto tempo fa. Avevo bisogno di riguardarla, per ragioni di auto-ispirazione. Non ho potuto fare a meno, lungo la scia di queste sollecitazioni, di ricordare il mio passato da formatore creativo, che chissà perché mi hanno condotto a confezionare questo breve video AI-based…

Ok, questa è la parte immaginaria. Ma dove finisce l’immaginazione e dove inizia la realtà? Nel mio caso, la realtà risale ai primi anni Duemila, periodo che mi vide giovane economista aziendale in cerca di occasioni e stimoli in un mondo in cui il Web era già abbastanza sviluppato, anche se privo di quel caos da social networking mainstream che oggi impera.

Anch’io, come Peter, il primo protagonista che incontriamo appunto nella bella serie Dispatches from Elsewhere, stavo cercando qualcosa, e questo qualcosa fu per me un annuncio relativo a un festival che si teneva presso le ridenti colline di Costagrande, provincia di Verona. Un vero e proprio Festival della Creatività, che mi avrebbe fatto incontrare decine di esperti in materia.

Inizia circa in questo modo il mio viaggio nelle meraviglie di quello che all’epoca conoscevo (per effetto di una specifica lettura di qualche tempo prima) come lateral thinking, espressione del noto autore Edward De Bono. Ricordo che lo sprofondare in quelle pagine, tra concetti generali ed esercizi specifici, mi aveva letteralmente affascinato, in quanto vi avevo rinvenuto non già i dettami di una specifica scienza o disciplina, ma l’idea di un corpus di atteggiamenti generali in grado di esaltare e dirigere qualsiasi disciplina o combinazione di discipline.

In seguito mi sono nutrito di qualsiasi autore che avesse nella sua cassetta attrezzi delle idee o delle prassi somiglianti a quelle che avevo conosciuto, ed eccomi dunque a scoprire o riscoprire nomi tanto del passato quanto del presente: da Wassily Kandinsky a Brian Eno, passando per Lynda Barry e Austin Kleon, e il novero sarebbe non dico infinito, ma piuttosto lungo. E questo è quanto. Tutte le strumentazioni in qualche modo collegate al lateralismo di pensiero sono entrate a far parte non solo della mia dotazione standard dal punto di vista professionale, ma anche di me stesso, ovvero del mio modo di pensare.

4 Comments

    1. Io e mia moglie (di solito queste serie le vedo con lei) abbiamo un rapporto altalenante con le serie asiatiche (che non siano anime d’annata, of course). Comunque seguirò il tuo consiglio…

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      1. Mi fa molto piacere che tu abbia deciso di dare fiducia al mio consiglio. Se ti va, poi fammi sapere cosa ne pensi della serie tv che ti ho segnalato. Parli di rapporto altalenante: potresti dirmi quali serie asiatiche ti sono piaciute e quali no?

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  1. In generale, mi piace quella forma di surrealismo che caratterizza le serie asiatiche di argomento, per così dire, fantastico. Ora come ora faccio veramente fatica a citarti i titoli. Ma ho visto delle serie – credo coreane – che parlavano di finti matrimoni di convenienza, di figure mitologiche “volpine” tramutate in personaggi dal vivo, di commistioni tra Le Mille e Una Notte e la storia di ragazze sociopatiche, etc… Io e mia moglie ne vediamo veramente tante di serie, ma spesso una tira l’altra, soprattutto nel caso di veri e propri prodotti d’intrattenimento belli e buoni (con tutto il rispetto, ovviamente).

    Nel complesso, però, credo che la narratività asiatica non sia nelle mie corde. Almeno, non quella contemporanea. Mi piacevano molto di più i film tutti “fate, fantasmi e arti marziali” degli anni Ottanta e Novanta.

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